Vito Lo Re: «volevo scrivere un pezzo che si distanziasse dal resto della colonna sonora, che è strumentale e molto intimista. Doveva diventarne un po’ “l’anima nera”. Al contempo però doveva poter vivere di vita propria anche estrapolata dal film».
Fabrizio Campanelli: «il mondo in cui si muove l’interprete è lo specchio delle relazioni in cui si riflettono gli opposti, l’abisso dell’anima come terra di contrasti che non ha vincitori né vinti, ma solo i toni lividi della luce dell’alba».